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Larpa di Abele

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*

 

Abele, come Davide, ha un’arpa appesa al letto

il vento entra nella sua stanza e l’arpa

si mette a suonare, l’arpa suona e gli uccelli

si posano sulle sue coperte e le coperte

sono colme di briciole (lui mangia soltanto pane

e lo mangia dentro il suo letto)

 

dalla mia casa io posso sentire il vento

e l’arpa e gli uccelli, il respiro di Abele

non lo sento ma lo posso immaginare

 

(sulla strada di Abele passano bambini

e non si sa da dove vengano

lui crede che siano maturati nelle mandorle

oppure che Dio li abbia lasciati cadere

quando ha ritratto le mani dalla parte del cielo

che sta sopra la casa

a lui piace parlare ai bambini, raccontare di certe donne

che prendevano le foglie degli alberi e le immergevano nel miele

e le cospargevano di polvere d’oro, e le chiudevano

nelle anfore di vetro e dalle anfore nascevano i campi

e le querce e le noci, e anche il chiarore

che traspariva dalle vesti di lino di quelle donne e dai loro nomi

e Abele racconta e i bambini lo ascoltano e per ascoltarlo meglio

si siedono sulle grandi scatole di carta che lui raccoglie per loro

e, qualche volta, ne chiedono una in dono e ringraziano Abele

e lui dice loro che sono bambini molto educati e poi li guarda

mentre riprendono la strada e Abele pensa che quei bambini

non camminano, quei bambini salgono scale d’aria

e sono leggerissimi, come le nuvole)

 

*

 

A volte piove, e la nebbia solleva la casa e agli angoli

si formano nidi di seta e nell’aria c’è un odore di scaglie

legnose, di rami umidi e la barba di Abele si bagna

e i suoi capelli si bagnano e si bagnano anche i fogli

che io lascio sotto la sua porta...

 

...credo che ti piacerebbe la mistica ebraica

il libro della formazione, il mondo che ha senso

soltanto per colui che si ferma

penso che tu conosca a memoria

le parole di Giobbe

sono sicura che, quando piove, esci fuori

e raccogli l’acqua nel cavo della mano

poi aspetti che faccia sera

e che le stelle escano

faccio questi pensieri, mentre guardo il giardino

e il terrazzo, dove molti anni fa

era caduta la neve e mio padre

fotografava me e le montagne

mi parlava di antiche preghiere e di Dio

che si può venerare in tante forme

e in tanti luoghi

- non vorrei morire- mi diceva-

guardando ancora questi monti, e il campanile

in lontananza

 

*

 

E la strada si stringe intorno ad Abele e lui

vede le case più vicine e osserva le finestre

le losanghe, i terrazzi, i cancelli di ferro

o di bronzo, e intanto parla, parla con una donna

che non esiste e che non cerca di trattenerlo

anche se ogni tanto gli si appoggia al braccio

o gli stringe una mano, e c’è la memoria

che crede di ricordare, e l’aria che è calda

e che è umida, e i piedi invisibili della donna

scivolano su foglie gialle o marrone scuro

e la strada finisce in un’altra strada

e non ci sono case da guardare, ma sul fondo

appare la spiaggia, la sabbia bagnata

e il mare, e la donna ascolta, ma non sempre

non quando il tempo si ferma, e lei pensa

pensa a quando indossava un vestito e usciva

e aveva un’ombra lunga quasi quanto l’ombra

di Abele, e a lei piaceva guardare le loro ombre

ora l’una ora l’altra, le piaceva vederle piegare

di lato, e sostare

 

(ci sono giorni in cui la donna va da Abele

e gli porta la colazione, allora, lui resta

nella sua poltrona e ascolta le onde

lei gli appoggia sulle gambe un vassoio

e nel vassoio ci sono il miele, il burro, il latte

e il pane tostato, quei giorni Abele si riposa

prende un libro e lo sfoglia

lui dice di non aver mai letto una riga

eppure io so che nella sua testa

ci sono tutti libri del mondo)

 

 

Poesie terze classificate nella prima edizione (2015) del Premio Letterario Nazionale indetto da LaRecherche.it: Il Giardino di Babuk - Proust en Italie

 

Leggi l'eBook del Premio

 

 Franca Alaimo - 08/04/2015 20:42:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Ricordo molto bene questa poesia di Silvia Morotti, perché, quando la lessi come giurata del premio, mi era piaciuta parecchio per la mistione di elementi narrativi e visionari. La memoria di Abele, il soggetto di questi versi, sembra stare in bilico fra verità e immaginazione, come di fatto accade spesso. L’amore diventa, allora, quasi un sogno e la figura femminile assume i contorni di una presenza arcana. La storia è immersa in un paesaggio anch’esso lontano dal reale.
Resta a chi legge l’impressione di avere letto una favola triste, eppure consolante. Apprezzo molto anche la ricchezza e la sensibilità del linguaggio.

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